Il termine “embodiment” fa riferimento alle idee di Gorge Lakoff e Raphael Nunez, (confrontare testi indicati nella bibliografia generale) che, in Philosophy in the flesh, a pag. XVI, scrivono "La matematica, così come noi la conosciamo, dipende dalla natura del nostro cervello e dalla nostra esperienza corporea".
Con ciò si intende, più in generale, che la costruzione
dei concetti non è un’attività che riflette qualche realtà esterna,
trascendente la natura umana, ma è intrinsecamente dimensionata dalla natura
del nostro corpo e del nostro cervello attraverso il sistema senso motorio.
Insomma, le nostre idee, le nostre teorie sono inevitabilmente legate alla
nostra natura biologica, nel senso che nascono dal modo in cui percepiamo il
mondo attraverso il nostro sistema sensomotorio. Ciò implica che ogni reale
costruzione di significato non può che partire dall'esperienza corporea e
ritornare a essa quando ciò sia necessario: l'allontanamento precoce o anche
solo definitivo dall'esperienza e dagli aspetti percettivi rischia di creare
ostacoli inutili a chi apprende e, soprattutto, rischia di inibire l'attività
di costruzione di significati.
Una didattica che condivida tali idee deve prestare particolare attenzione a favorire approcci che siano fortemente basati sugli aspetti percettivi ed empirici e che inibiscano la memorizzazione di procedure rigide, fondate sulla memorizzazione e l’addestramento come quelle, per esempio, suggerite nel tradizionale approccio all’algebra. Una didattica che condivida le idee sopra riportate deve consentire la diffusione e la comunicazione di una varietà di strategie risolutive e quindi deve mettere a disposizione ambienti di apprendimento che favoriscano l’interazione sociale tra pari e tra principianti ed esperti; un ambiente simile alla bottega d’arte rinascimentale, dove gli apprendisti imparavano facendo e vedendo fare, discutendo e lavorando fra pari e con il maestro, scambiandosi idee e progetti, parole e immagini, gesti. In particolare, la gestualità non deve essere inibita, ma anzi favorita e valorizzata: la presentazione alla lavagna di una risoluzione non consiste nell'applicazione di una procedura standard, ma è un'occasione per i compagni di discutere, vedere e capire la strategia risolutiva applicata da chi è alla lavagna e per l’insegnante di osservare, rilevare e studiare gesti, parole e metafore utilizzate dagli studenti per comunicare e per guidare il pensiero.