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W.W. Sawyer
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Capitolo I - Bellezza e potere
Nessun matematico può
essere completo se non ha anche qualcosa del poeta. K.
Weierstrass
Confucio
Questo libro parla di
come diventare matematici. Probabilmente non avete nessuna intenzione di provare
a diventare matematici; ma, anche in questo caso, spero che possiate trovare
qualche interesse in questo libro. Io stesso non ho nessuna intenzione di
occuparmi delle piante: non faccio mai del giardinaggio, se posso evitarlo; ma
amo molto guardare i giardini che altre persone hanno curato e sono anche più
contento se riesco ad incontrare qualcuno che mi spieghi con chiarezza (cosa che
pochissimi giardinieri sembrano capaci di fare) come cresce una pianta; come un
seme, che è sotto terra, riesca a sapere qual è la strada attraverso la quale il
suo stelo cresce e qual è la strada verso il basso per le radici ; come un fiore
riesca ad affacciarsi alla luce; di quali elementi chimici la pianta abbia
bisogno dal suolo e come riesca a immetterli nel suo tessuto vivente.
L'interesse per tutto cio è abbastanza indipendente dal fatto che una persona
intenda effettivamente uscire e cominciare a zappare.
Ciò che tento di fare in questo libro è di scrivere dal punto di vista
non del coltivatore pratico ma di chi desidera sapere che cosa è cresciuto. Non
scrivo per l'insegnante di matematica (benché gli insegnanti possano fare
applicazioni pratiche delle idee che sono qui date) ma per chi ha interesse a
entrare nella mentalità di un matematico.
E’ molto difficile comunicare le cose che realmente ne valgano la pena.
Supponiamo, ad esempio, che abbiate vissuto per qualche anno in un luogo e che
quegli anni siano per voi particolarmente significativi: possono essere anni di
fanciullezza, giorni di scuola o un periodo della vostra vita di adulto in cui
nuove esperienze, gradevoli o amare, hanno reso la vostra vita insolitamente
interessante. Se rivisitate quel luogo, lo vedete in modo speciale. I vostri
compagni, vedendolo per la prima volta, vedono una scena fisica, un villaggio
piacevole, una grigia strada di città, o qualsiasi cosa possa essere. Ma non
vedono le cose essenziali che vi fanno desiderare di rivedere quel luogo; per
fargliele vedere, dovreste essere in qualche modo un poeta; dovreste parlare di
cose ma in modo da comunicare cio che sentite su quelle
cose.
Tale comunicazione non è però possibile. Parlando in generale, noi
sopravvalutiamo le differenze fra le persone. Sono sicuro che, se si potesse
essere effettivamente qualcun altro per un giorno, il cambiamento sarebbe molto
minore di quello che si prevede; i sentimenti sarebbero gli stessi ma diretti a
oggetti diversi. Molte incomprensioni umane sono dovute al fatto che la gente
parla di oggetti e dimentica il significato variabile che lo stesso oggetto può
avere per differenti persone. L'insegnamento comunica pensieri su un oggetto
piuttosto che processi vitali del pensiero. Supponiamo che qualcuno venga da me
con un qualsiasi tipo di quesito: può essere un problema di un libro di
aritmetica per ragazzi o un difficile problema di ricerca scientifica. Può darsi
che io riesca a risolvere il quesito e supponiamo che ciò avvenga: ho mostrato a
chi mi aveva posto il quesito come trattare quel particolare problema. Se però
viene fuori un altro problema di natura diversa sarò di nuovo consultato.
Sarebbe veramente soddisfacente se io avessi potuto comunicare non soltanto,
come risolvere un problema particolare, ma l'attitudine propria della mente che
renderebbe il mio allievo capace di affrontare con successo altri problemi senza
l'aiuto di nessuno.
Naturalmente vi sono limitazioni a ciò che ci si può attendere. Uno dei
fattori nel risolvere i problemi è l'intelligenza; e può ben essere innata. Vi
sono pero molti altri fattori - emozione o paura o confidenza, abitudine di
rilassamento, iniziativa, persistenza - che dipendono dall'educazione. Non credo
che i nostri antenati dell'età dell'uomo delle caverne differissero del tutto da
noi per le qualità innate dell'intelletto. Tutti i cambiamenti storici da allora
ad oggi, tutte le differenze di istituzioni fra diversi paesi, sono
essenzialmente dipese da differenze nell'educazione[1].
Oggi che la nostra conoscenza delle cose materiali è tanto grande, e la
nostra comprensione di noi stessi è tanto piccola, è essenziale un vero
apprezzamento delle enormi possibilità dell'educazione. Psicologicamente noi
apparteniamo ancora all'era in cui la gente rifiutava di credere che le
locomotive potessero correre.
Questo libro è stato scritto in un luogo dov'era in corso un grande
cambiamento di educazione. Nel 1948 fu fondato l’”University College of Gold
Coast"[2].
Gli studenti erano molto acuti, di capacità di prim'ordine e, poiché possedevano
una intelligenza innata, potevano diventare, entro dieci o venti anni, studiosi
di matematica o lettori universitari o professori. Naturalmente, però, non c'era tradizione
matematica nel luogo; doveva essere creata. Era perciò necessario ottenere
qualcosa come una essenza di matematica; esaminare la vita di un matematico in
crescita in uno dei centri matematici più vecchi; studiare tutte le influenze
che lo avevano aiutato a formarsi e l'atmosfera della scuola e del collegio,
tenendo conto della spinta, delle attrazioni, dei suggerimenti dei più vecchi
matematici del luogo. E da tutto ciò, tentare di farsi qualche idea chiara di
ciò che si stava cercando di costruire, di quali fossero le qualità di un
matematico, di come potessero essere stimolate.
Nei primi cinque capitoli di questo libro tenterò di dare una spiegazione
di che cosa sia un matematico e di come si sviluppi. Questi capitoli contengono
anche alcune parti di matematica per illustrare ciò che interessa un matematico.
Il resto del libro è un'esposizione di varie branche della matematica che sono
state scelte per la loro stranezza, la loro novità, il loro potere stimolante;
soprattutto, sono elementari. Un confuso ricordo della
matematica scolastica dovrebbe esser sufficiente per guidare il
lettore.
II calcolo differenziale è preso in considerazione una o due volte, ma
non è mai usato come parte essenziale. Questo fatto è interessante poiché mostra
che alcune parti della matematica recente (per es. dal 1800) non sono uno
sviluppo del lavoro precedente, ma si sono sviluppate in direzioni piuttosto
nuove.
Non troverete molto, qui, sul modo di fare lunghi calcoli. Quasi tutte le
scoperte matematiche si basano su idee piuttosto semplici. I libri scolastici,
che spesso nascondono questo fatto, contengono pesanti calcoli e danno
l'impressione che i matematici siano persone che siedono alla scrivania e usano
grandi quantità di carta. Questa impressione è piuttosto sbagliata. Molti
matematici possono lavorare con successo nel bagno o a letto, mentre aspettano
alla stazione o mentre vanno in bicicletta (preferibilmente non in un traffico
intenso); i calcoli si fanno prima o poi. La scoperta vera e propria viene da
un'idea centrale e sono queste idee centrali che io spero di comunicare.
Naturalmente pero è necessario entrare in qualche dettaglio, se il libro deve
essere proprio di matematica e non puramente una rapsodia sentimentale sulla
vita matematica.
[…..]
L'estensione
della matematica
Pochissime persone si
rendono conto realmente della enorme costruzione della matematica contemporanea.
Probabilmente sarebbe più facile imparare tutte le lingue del mondo che dominare
tutta la matematica attualmente nota. Le lingue possono, penso, essere imparate
durante una vita; la matematica certamente no. Né il soggetto è statico. Ogni
anno vengono pubblicate nuove scoperte: nel 1951 la sola pubblicazione di brevi
sommari degli articoli di matematica dell'anno ha richiesto quasi 90 pagine; nel
solo mese di gennaio i sommari si riferivano a 451 nuovi libri o articoli.
Queste pubblicazioni trattavano problemi nuovi; non erano riformulazioni della
matematica esistente o, almeno, ce n'erano molto poche. Per tenere il passo con
lo sviluppo della matematica, si dovrebbero leggere circa cinquanta articoli al
giorno, la maggior parte dei quali pieni di dettagli tecnici e di considerevole
lunghezza. Nessuno si sogna di tentare questa impresa.
Le nuove scoperte che i matematici fanno sono di tipo diverso; sono tanto
varie che è stato proposto (per la disperazione) di definire matematica "ciò che
i matematici fanno". Soltanto una definizione cosi estesa, si è pensato,
coprirebbe tutte le cose che possono essere incorporate nella matematica; i
matematici oggi affrontano infatti molti problemi non considerati come
matematica nel passato, e non si può dire cosa faranno nel
futuro.
Un po' più precisa sarebbe la definizione: "Matematica è la
classificazione di tutti i problemi possibili e i mezzi appropriati per la loro
soluzione". Questa definizione è pero un po' troppo vasta: essa includerebbe
cose come le rubriche sui giornali ("Mandate i vostri problemi amorosi alla zia
Minnie"), che noi in realtà non vogliamo includere.
Per gli scopi di questo libro possiamo dire: "La matematica è la
classificazione e lo studio di tutte le configurazioni possibili". La parola
"configurazione" è qui usata in un modo su cui non tutti saranno d'accordo: deve
essere intesa in un senso molto vasto per coprire quasi qualsiasi tipo di regolarità che la mente può
riconoscere. La vita, e con
certezza la vita intellettuale, è possibile solo perché vi sono nel mondo,
alcune regolarità[3].
Un uccello riconosce le bande nere e gialle di una vespa; l'uomo riconosce che
la crescita delle piante segue la semina del seme. In ogni caso, una mente
riconosce delle regolari configurazioni.
Le configurazioni sono la sola cosa relativamente stabile in un mondo che
cambia. Oggi non è mai esattamente come ieri: non vediamo mai nulla due volte
esattamente sotto lo stesso punto di vista. Il riconoscimento è possibile non
perché l'esperienza si ripeta esattamente, ma perché nel flusso della vita
restano identificabili certe configurazioni. Una tale configurazione permanente
è sottintesa quando parliamo della "mia bicicletta" o del "fiume Tamigi",
nonostante il fatto che la bicicletta stia rapidamente arrugginendo e il fiume
si riversi continuamente nel mare.
Qualsiasi teoria della matematica deve render conto sia della potenza
della matematica e delle sue numerose applicazioni alle scienze naturali, che
della bellezza della matematica e del fascino che ha per la mente. La nostra
definizione fa ambedue le cose. Tutta la scienza dipende dalle regolarità della
natura; la classificazione dei tipi di regolarità, delle configurazioni,
dovrebbe allora avere un valore pratico e la mente dovrebbe trovare piacevole un
tale studio. In natura, la necessità e il desiderio sono sempre legati. Se
cercare risposta alle regolarità è cosa caratteristica della vita umana e
animale, dovremmo aspettarci di trovare associato, alla risposta alle
configurazioni, un piacere, come succede col nutrirsi e col
sesso.
E’ interessante notare che i matematici pur, mossi solo dal loro senso
della forma matematica, sono spesso giunti a idee che più tardi sono state di
grandissima importanza per gli scienziati. I Greci studiarono l'ellisse più di
un millennio prima che Keplero usasse le loro idee per predire i moti dei
pianeti; la teoria matematica necessaria per la relatività esisteva da trenta o
cinquanta anni prima che Einstein ne trovasse l'applicazione fisica. E
potrebbero esser dati molti altri esempi. D'altro canto, molte teorie assai
belle, a cui ogni matematico puro concederebbe un posto nella matematica per il
loro interesse intrinseco, sono, all'inizio, sorte in connessione con la fisica.
Configurazioni
favorite della natura?
Un altro fatto che
colpisce è che in natura, a volte, troviamo la stessa configurazione più e più
volte in argomenti diversi, come se la riserva di configurazioni disponibili
fosse estremamente limitata. La configurazione che i matematici denotano con
D2V interviene in almeno
una dozzina di differenti rami della scienza: sorge in connessione con la
gravitazione, con la luce, con il suono, con il calore, con il magnetismo, con
l'elettrostatica, con le correnti elettriche, con la radiazione
elettromagnetica, con le onde del mare, con il volo degli aeroplani, con le
vibrazioni dei corpi elastici e con la meccanica dell'atomo; per non menzionare
una teoria puramente matematica di primaria importanza, la teoria delle
funzioni f(x +
iy),
dove i è
Ö-1.
Gli uomini pratici fanno spesso l'errore di trattare queste applicazioni
come piuttosto separate e distinte; il che rappresenta un grande spreco di
forze. Non abbiamo dodici teorie ma una sola teoria con dodici applicazioni. La
stessa configurazione compare dappertutto. Fisicamente le applicazioni sono
distinte, matematicamente sono identiche.
L'idea di una stessa configurazione che compare in diverse circostanze è
un'idea semplice. Si deve soltanto applicare un nome greco a questa idea per
avere uno dei termini più comuni della matematica moderna:
isomorfo (da "isos", uguale;
"morphe", forma = avente la stessa forma). Niente appaga un matematico più che
scoprire che due cose, prima considerate come completamente distinte, sono
matematicamente identiche. «La matematica», diceva Poincaré, «è l’arte di dare
lo stesso nome a cose differenti.
Si può chiedere: "Perché questa configurazione,
D2V, compare tante
volte?". Siamo qui al limite del misticismo matematico. Non ci può essere una
risposta completa. Supponiamo, infatti, di mostrare che questa configurazione ha
certe proprietà che la rendono particolarmente adatta; ci dobbiamo allora
chiedere: "Ma perché la natura preferisce queste proprietà?"; e cosi senza fine.
Tuttavia si può dare una certa risposta al perché
D2V capita cosi di
frequente[4].
L'impossibilità di una risposta completa alla domanda "Perché l'universo
è come è?" non significa, perciò, che la ricerca sia priva di utilità. Possiamo
aver successo nello scoprire che tutte le leggi scientifiche finora scoperte
hanno certe proprietà in comune. Un matematico, nello studiare quali
configurazioni hanno queste proprietà, ragionevolmente pensa che il suo, lavoro
sarà utile alle generazioni future. Non ne è certo, naturalmente; niente è
certo. Egli può anche sperare di soddisfare il suo desiderio di raggiungere una
visione più profonda nell'immenso fermento deIl'universo.
Il matematico
come consulente
I tecnici e gli
ingegneri non hanno, di regola, la visione della matematica come un modo di
classificare tutti i problemi. Essi
tendono a imparare quelle parti della matematica che nel
passato sono state utili alla
loro professione. Di fronte a nuovi problemi essi sono perciò impotenti.
E’allora che viene chiamato il matematico. (Questa divisione del lavoro fra
ingegneri e matematici è probabilmente giustificata; la vita è troppo breve per
lo studio simultaneo della pratica tecnica e della configurazione
astratta.)
L'incontro tra il matematico e il tecnico è di solito divertente. L'uomo
pratico, per il contatto giornaliero con il suo macchinario, è entrato talmente
in esso che non riesce a rendersi conto di ciò che significa vedere la macchina
per la prima volta. Egli si dilunga in un flusso di dettagli che, per il
consulente matematico, non significano nulla. Dopo un po' di tempo, il
matematico convince il tecnico che i matematici sono effettivamente ignoranti, e
che devono essere spiegate loro le cose più semplici, come a un bambino o a
Socrate. Appena il matematico capisce cosa fa la macchina, o cosa deve fare, può
di solito trasferire il problema in termini matematici. Egli può dire al tecnico
una di queste tre cose: 1. che il problema è ben noto e già risolto; 2. che è un
problema nuovo sul quale forse egli può far qualcosa; 3. che è un vecchio
problema che i matematici hanno provato a risolvere senza successo, e che
possono passare parecchie centinaia di anni prima che sia fatto su di esso
qualche progresso: la fabbrica deve trattare il problema empiricamente. La
situazione 3. capita con una frequenza che addolora. Capitano anche, pero, le
situazioni I. e 2., ed è allora che il matematico, a causa del suo interesse per
le configurazioni e la loro classificazione, può essere d'aiuto ad affari e
professioni su cui, in un certo senso, egli non sa niente.
Un matematico che ha interesse per il lavoro di consulente non deve
perciò studiare soltanto problemi che sono capitati ma deve essere preparato a
quelli, che possono presentarsi. In un certo senso, si può riconoscere che i
problemi pratici formano un tipo. Per esempio molto
spesso un problema pratico prende la forma di un'equazione differenziale[5].
Sappiamo come risolvere alcune equazioni differenziali, ma non altre. Un
matematico può perciò cercar di potenziare la sua armeria, studiando quelle
equazioni differenziali che finora non sono state risolte. Questo lo porterà a
rispondere a domande fondamentali come: "Qual è la differenza fra le equazioni
che sono state risolte e quelle che non lo sono? Che cosa rende un'equazione
facile o difficile da risolvere?".
Ma i problemi pratici non
sempre si conformano a un tipo; esistono a volte
problemi che sono piuttosto dissimili dalla normale routine. La chiave per la
loro soluzione può esser trovata del tutto casualmente, per un colpo di fortuna;
essi assomigliano forse ad alcuni enigmi risolti in un momento d'ozio. Quando
ciò accade, la soluzione può essere il fondamento di una nuova, elevata teoria
matematica. Questa dottrina, come tutte le dottrine, è soggetta all'abuso: un
uomo può sprecare la sua vita a esaminare piccoli enigmi, e difendersi dicendo
che essi possono essere i principi di nuove branche della matematica. Ciò può
infatti accadere; tutto dipende dal giudizio di ognuno su ciò che è facile che
si dimostri importante; e non c'è nessuna regola che decida la questione.
Qualsiasi matematico sarà d'accordo che vi sono soggetti che non hanno ancora
trovato alcuna applicazione pratica ma che si sente che sono le parti più
grandi della matematica: un giorno futuro anch'essi, come l'ellisse, troveranno
il loro Keplero, come l'analisi tensoriale il loro Einstein. Ma in ogni caso
esistono molte facili, grandi macchine per risolvere una certa classe di
problemi, se capita la necessità di farlo.
Il matematico
come artista
Mentre scrivo tutto
ciò, immagino un matematico puro leggerlo con crescente disapprovazione; cioè
supponendo che egli sia giunto fin qui, egli starà dicendo: "Voi trattate la
matematica come qualcosa di utile. La matematica non è pero un mezzo per
ottenere qualcos'altro, essa è completa in se stessa. Non è importante l'utilità
della matematica, ma la sua bellezza. La matematica tecnica è la parte più
noiosa della matematica. Guardate coloro che lavorano sulla teoria dei numeri,
che non ha nessuna applicazione; preferireste che essi facessero i
contabili?".
Questo punto di vista - che è sinceramente appoggiato da molti eminenti e
da qualche grande matematico - può essere contrastato dal punto di vista
opposto, quello utilitario, burocratico della matematica, secondo il quale i
matematici dovrebbero vergognarsi del loro interesse per la bellezza e
l'eleganza; essi dovrebbero lavorare alla matematica solo quando qualcuno li
chiamasse per risolvere un problema immediatamente utile.
Ambedue i punti di vista sono incompleti. Ognuno di essi, seguito fino
alla sua conclusione logica, sarebbe fatale al matematico e anche al progresso
tecnico. Esaminiamo la prima teoria, diciamo della "matematica per la
matematica", e consideriamo (per prendere un esempio particolare) la sua
applicazione alla Costa d'Oro. La Costa d'Oro è un paese di gente attiva,
intelligente e allegra; niente di ciò che è detto qui suggerisce che sia un
luogo misero. E' però un paese con certe acute necessità materiali. In molti
luoghi la riserva d'acqua è incerta, manca l'igiene, le malattie dilagano, gli
alimenti sono inadeguati; qualche fanciullo cresce permanentemente affamato.
Come dobbiamo allora difendere la spesa di una Facoltà di matematica della nuova
Università? Sulle basi della bellezza della matematica? Difendere la matematica
in tali circostanze esclusivamente sulle basi della
bellezza è il massimo della mancanza di cuore. La matematica ha un valore
culturale; ma la cultura non consiste nello stimolare se stessi con nuove
configurazioni senza curarsi di chi ci circonda. Ovviamente la potenza della
matematica, come mezzo di scienza ingegneresca e medica, è di primaria
importanza in un paese in fase di sviluppo. La bellezza senza la potenza è
futile.
Ma c'è anche qualcosa da dire in favore dell'artista. La potenza senza
bellezza è esposta ad essere impotente. E' facile che un'attività intrapresa per
i suoi soli risultati, senza alcun piacere per l'attività stessa, sia eseguita
male. Un ingegnere può cominciare a studiare la matematica perché è utile alla
sua professione; ma se il suo interesse finisce qui, se egli non comincerà a
sentire il fascino del soggetto in se stesso, non farà molta buona
matematica.
Il punto di vista utilitario della matematica è realista solo in questo:
esso riconosce il fatto che un matematico è un essere umano che dipende, per
nutrirsi, vestirsi, ripararsi e scaldarsi, dagli altri essere umani e riconosce
che deve in qualche modo ripagare tutto ciò. Questo è l'aspetto più facilmente
apprezzato dai non matematici, dagli amministratori e da coloro che pagano le
tasse. La considerazione dell'utilità può mostrare che un paese necessita di
matematici ma non ci dà ancora la chiave sul come deve ottenerli. Può essere
molto desiderabile che il Sahara sia coperto da una foresta di querce, per dare
ristoro ai viaggiatori, ma ciò non ne causa la crescita. I matematici, come gli
alberi, sono organismi viventi e cresceranno solo nelle condizioni in cui
possono crescere.
Si può obiettare che gli uomini non sono alberi; che se un uomo si rende
conto che qualcosa deve esser fatta, può farla. Ciò è vero entro certi limiti.
Possono esservi condizioni sociali favorevoli a studi matematici; se un paese
necessita urgentemente di matematici, e se qualcuno sa questo, i matematici
possono ben svilupparsi. Ma non è ancora risolta la questione di come si
sviluppino. Un motivo esterno, buono o cattivo, non basta: l'avidità per il
denaro, il desiderio di fama, l'amore per l'umanità non bastano per fare di un
uomo un compositore di grande musica. E' stato detto che molti giovani vorrebbero
essere capaci di sedersi al piano e improvvisare sonate dinanzi a una folla
ammirante; ma pochi lo fanno. Desiderare il fine non dà i mezzi; per far musica
dovete avere interesse alla musica come (o invece che) all'ammirazione altrui. E
per fare i matematici dovete essere interessati alla matematica. Il fascino di
una configurazione e la sua classificazione logica devono far presa su di voi.
Naturalmente non devono essere queste le sole emozioni per la vostra mente;
potete avere altri desideri, rispondere ad altri doveri; ma se non c'è questo,
non contribuirete in nulla alla matematica.
A questo proposito l'artista è più realista del burocrate. L'artista
comprende, almeno, come una persona diventa un matematico. L'artista puro e il
puro burocrate sono però in errore o almeno
incompleti. Se l'insegnamento della matematica deve esser basato sulle teorie di
uno di essi, sarebbe meno dannoso quello dell'artista. Questi può essere un
anarcoide, un bohémien o un vagabondo, ma almeno è vivo, e senza vita non c'è
progresso. Se un tale uomo può insegnare ai fanciulli ad amare un soggetto per
sé, c'è sempre la speranza che più tardi questi fanciulli usino i loro doni per
fini utili. Ma se sono lasciati nelle mani dell'utilitarista estremo, essi non
avranno doni da porgere.
Capitolo II
Quali sono le qualità di un matematico?
Io non mi figuro questa adesione alla conoscenza avuta di seconda mano; perché, sebbene possiamo imparare con l'aiuto della conoscenza di un altro,
non potremo mai esser saggi
se non per nostra sapienza. Montaigne, Della
pedanteria
L'intraprendenza
mentale è caratteristica di tutti i matematici. Un matematico non desidera che
gli sia spiegata qualche cosa, egli desidera trovarla da sé. Naturalmente se un
matematico adulto sente che è stata fatta qualche grande scoperta, vuole sapere
cosa sia e non vuole perder tempo a riscoprirla; ma io sto considerando
matematici di un'età intermedia, in cui questa aggressività mentale è molto
marcata. Per esempio, se insegnate geometria a una classe di ragazzi tra i nove
e i dieci anni, e dite loro che nessuno ha mai diviso in tre parti un angolo
facendo uso soltanto di riga e compasso, troverete che uno o due ragazzi si
fermeranno dopo su quel problema e tenteranno di trovarne una soluzione. II
fatto che in duecento anni nessuno abbia risolto il problema non impedisce loro
di pensare che possano riuscirci durante l’ora della colazione. Non è questo,
propriamente, un atteggiamento modesto, ma non indica necessariamente
presunzione: è semplicemente una facilità nel rispondere a una qualsiasi
provocazione. In realtà è stato dimostrato che la trisezione di un angolo con
i mezzi specificati è impossibile: è
della stessa categoria che provare a esprimere
Ö2 come una frazione
razionale p/q.
Inoltre, un buon allievo andrà sempre più avanti del corso. Se gli
mostrate come risolvere un'equazione quadratica completando il quadrato, egli
desidererà sapere se è possibile risolvere un'equazione cubica, completando il
cubo. Il resto della classe non si porrà una tale domanda; dover risolvere
equazioni quadratiche è per loro abbastanza doloroso e non desiderano aggiungere
nulla alle loro sofferenze.
Il
desiderio di investigare contraddistingue perciò i matematici. Questo è uno
degli sforzi da fare per lo sviluppo della matematica. II matematico gioisce di
ciò che già conosce, poiché è maturo per una nuova conoscenza. Le potenze
frazionarie, nell'algebra, sembrano illustrare questo punto. Posso ben
immaginare qualcuno che, dopo aver letto un resoconto elementare sulle potenze
frazionarie e negative, desideri sapere se le cose che ha imparato sono
realmente completamente giustificate. Si devono superare molte difficoltà
logiche. Chi scopre le potenze frazionarie, penso, deve essersi divertito
lavorando con le potenze ordinarie ed essere perciò ansioso di estendere
questo soggetto da voler affrontare i logici rischi. Una nuova scoperta è quasi
sempre, prima di tutto, un atto di fede; poi, naturalmente, appena si è visto
che funziona, si deve trovare una giustificazione logica che soddisfi i criteri
più esigenti.
Abbiamo già menzionato l'interesse per le configurazioni. Esse appaiono
sempre nei primi gradini dell'aritmetica; diciamo, infatti, che si possono
mettere insieme quattro segmenti per formare un quadrato e non cinque. L'abilità
matematica, come la musica, è evidente a un'età molto precoce; quattro anni, o
sette al più tardi. Un bambino, una volta, mi disse: "Mi piace la parola
'september: può essere scritta sEptEmbEr". Io, da solo, non avevo mai notata
questa configurazione, delle vocali e delle consonanti di 'september'. Essa è,
evidentemente, perfettamente simmetrica. A quel bambino dovrebbe piacere la
matematica.
[…..]
Significato e
generalizzazione
Nelle altre arti, se
vediamo una figura, possiamo ammirarne la bellezza; possiamo sentire che ha una
forma significativa ma non possiamo dire quale ne sia il significato. Ed è molto
meglio non provarci. Un poeta protestava contro la barbara abitudine di chiedere
ai fanciulli di parafrasare le poesie: il solo modo di spiegare il significato
di una poesia, diceva, è di scrivere una poesia migliore, e questo è chiedere
troppo ai bambini.
Ma in matematica non è cosi. In matematica, se compare una
configurazione, possiamo domandarci: perché compare? cosa significa? E possiamo
rispondere a queste domande. In effetti, per ogni configurazione che appare, un
matematico sente che dovrebbe sapere perché appare.
[…..]
Generalizzazione e semplicità
Quando generalizziamo
un risultato, lo rendiamo più utile. Può colpirvi il fatto che la
generalizzazione rende anche, quasi sempre, più semplice il risultato. Il
risultato più potente è più facile da imparare di quello meno
potente.
Ciò può essere illustrato mediante un problema molto banale che si
enuncia cosi: un bicchiere contiene dieci cucchiaiate d'acqua; un altro
bicchiere contiene dieci cucchiaiate di vino; si prende una cucchiaiata di acqua
dal primo bicchiere, la si mette nel secondo, poi si agita la miscela; una
cucchiaiata di questa miscela viene poi trasferita nel primo bicchiere. La
quantità di vino che si trova nel primo bicchiere, alla fine di questo processo,
sarà maggiore o minore della quantità d'acqua nel secondo
bicchiere?
La maniera ovvia di risolvere questo quesito richiede il seguente
calcolo. Dopo che un cucchiaio d'acqua è stato messo nel vino, il secondo
bicchiere contiene 10 cucchiai di vino e 1 d'acqua, 11 cucchiai in tutto. Un
cucchiaio di questa miscela conterrà perciò 10/11 di cucchiaio di vino, e 1/11
di cucchiaio d'acqua. Dopo averlo trasferito, il primo bicchiere contiene 9 1/11
cucchiai d'acqua, 10/11di vino. Il secondo bicchiere conterrà10/11 di cucchiai
d'acqua, 9 1/11 cucchiai di vino. La quantità di vino nel primo bicchiere è
esattamente la stessa che la quantità d'acqua nel secondo.
Il fatto che sia esattamente la stessa può essere un caso, ma se voi
variate le condizioni del problema, troverete sempre quantità uguali. Se
cominciamo con x cucchiaiate di acqua e x di vino, la quantità di vino che va
nell'acqua uguaglia ancora la quantità di acqua che va nel vino. Anche se
cominciamo con quantità diverse nei bicchieri, se poniamo x cucchiai d'acqua in
un bicchiere e y cucchiai di vino nell'altro, e poi seguiamo le istruzioni del
problema originale, il vostro calcolo mostrerà ancora che, alla fine, l'acqua
nel primo bicchiere eguaglia, come quantità, il vino nel
secondo.
Ora, questo è un chiaro esempio di cattivo stile matematico. In una buona
prova, una prova illuminante, il risultato non appare come una sorpresa alla
fine: noi possiamo vederlo venire lungo la strada.
Questo particolare problema usa una specie di maschera. Esso vi dice
qualcosa che voi non avete bisogno di sapere, e cosi distrae la vostra
attenzione dal punto vero e proprio. Il dato non necessario è che "la miscela
viene agitata". Il punto essenziale è che noi trasferiamo una cucchiaiata di
liquido dal primo al secondo bicchiere, e che riportiamo indietro una
cucchiaiata di liquido dal secondo al primo. Non importa che tipo di liquido.
Tutto ciò che importa è che, alla fine, ogni bicchiere contiene la stessa
quantità di liquido che al principio. Se è cosi, il primo bicchiere deve aver
ricevuto proprio tanto vino da compensare I'acqua che ha perso; e, naturalmente,
l'acqua che ha perso si troverà nel secondo bicchiere. Le quantità non possono
essere diverse; non è necessario impiegare né frazioni né
algebra.
L'enunciato generale del problema sarà perciò: abbiamo un bicchiere
d'acqua e un bicchiere di vino, facciamo alcune serie operazioni con questi
liquidi in modo che la quantità totale di liquido in ogni bicchiere alla fine
sia quella che era all'inizio: la quantità d'acqua che è andata nel vino deve
essere uguale alla quantità di vino che è andata
nell'acqua.
Questo è però cosi ovvio che appena
vale la pena di dirlo. E’ molto più semplice dei calcoli che abbiamo fatto
prima. L'estensione dei problemi a cui si applica è però assai più grande;
potete scambiare cucchiaiate di liquido avanti e indietro tra i due bicchieri
quante volte volete, e il principio sarà ancora valido.
L'esame di un problema consiste perciò nell'eliminare tutte le
informazioni non necessarie, finché restino solo i fatti essenziali. Meno
resterà, più facile sarà trovare la soluzione. Un teorema generale dice
raramente qualcosa di complicato; ciò che fa è di attrarre la nostra
attenzione sui fatti più importanti.
In matematica elementare abbiamo un guazzabuglio di dettagli. Nella
matematica più elevata, tentiamo di isolare i vari elementi e studiarli ognuno
per suo conto. La matematica più elevata può essere molto più semplice della
matematica elementare.
L'esempio forse più famoso di semplificazione mediante generalizzazione è
il teorema sulla base finita di Hilbert. Nel 1868
Gordan aveva provato, con calcoli laboriosi, un certo teorema che non
cercherò di enunciare qui.
Esso dimostrava che certe classi di polinomi, che sorgono in connessione con una
particolare teoria, avevano certe proprietà. Nel 1890 Hilbert provo questo
risultato, molto semplicemente e senza calcoli. Il miglioramento era dovuto
all'aver eliminato circa il 90% dei dati usati da Gordan. Egli provò che il risultato
valeva non solo per quelle particolari classi di polinomi, ma per una qualsiasi
classe di polinomi!
Siamo andati dal ridicolo al sublime. Nulla può essere più banale o
localizzato del problema del vino e dell'acqua, niente più profondo ed esteso
del teorema di Hilbert. Il fatto che ambedue possano esser riuniti sotto la
massima comune "maggior generalità e maggiore semplicità vanno di pari passo" è
forse un esempio della potenza della matematica nel legare insieme gli oggetti
più disparati.
Non si può giudicare l'importanza di una qualsiasi ricerca matematica
dall'oggetto particolare che discute. La topologia ne è un esempio. La topologia
è chiamata qualche volta la "geometria di gomma": la geometria delle figure
tracciate su uno strato elastico. E in qualche modo è così; essa tratta le
proprietà di tali figure. Ma la sua importanza deriva dal fatto che su uno
strato elastico non vi sono lunghezze fisse; non vi può essere un risultato come
il teorema di Pitagora. Possiamo solo fare osservazioni come: questa curva è
continua: quell'altra è spezzata in due parti separate. La continuità è la
proprietà fondamentale in topologia, e la topologia può dire qualche cosa su
tutto ciò che è capace di variare gradualmente. Poiché vi sono poche cose
incapaci di tale variazione, la topologia ha una estensione molto grande; su di
essa si sta concentrando sempre più l'interesse sia dei matematici puri che dei
tecnici; alcuni risultati molto notevoli possono essere da essa provati: ha la
massima generalità e la massima semplicità.
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[1]
Kluckhohn nello Specchio per l'uomo dà un esempio
interessante di un ragazzo americano trapiantato in
Cina: nell'aspetto fisico il ragazzo era americano;
[2] Collegio universitario della Costa
d’Oro
[3] Confronta POINCARÉ, Scienza
e Metodo
[4]
La spiegazione è di questo tipo. Nello spazio vuoto
ogni punto equivale a un altro, e ogni direzione equivale a un'altra direzione.
Ci si puo percio aspettare che le leggi che valgono nello spazio vuoto non
mettano in evidenza nessun punto o nessuna direzione particolare. Cio restringe
considerevolmente la scelta delle leggi possibili. D2V = O esprime in
simboli che il valore di V in qualsiasi punto è uguale al valore medio di V su
una sfera con centro in quel punto. Questa legge tratta alla stesso modo tutti i
punti e le direzioni ed è la più semplice
legge che faccia questo.
[5] Vedi M.D., cap. XII,
paragrafo finale. L'abbreviazione M.D sarà usata per riferirsi a Mathematician's
Delight (Le delizie del matematico), altro libro dello stesso
autore.