L'attività qui descritta è stata svolta nella classe 1 D del Liceo Issel il 17 dicembre 2001 ed è durata 2 ore. Si trattava della seconda esperienza con i sensori di movimento, strumenti particolari che consentono di rilevare la posizione di un corpo in moto. Collegandoli a una calcolatrice in grado di elaborare numericamente e graficamente i dati ricevuti, è possibile proiettare su uno schermo la traccia della legge oraria della posizione al variare del tempo, ma anche quella della velocità e, seppure con qualche problema, quello dell'accelerazione. La prima esperienza con l'uso dei sensori si era svolta quasi due mesi prima. La lezione è stata videoregistrata e analizzata da un'osservatrice, Silvia, laureanda in matematica, che ha seguito le lezioni per una trentina di ore. Qui di seguito riportiamo l'introduzione all'attività da parte dell'insegnante e le osservazioni di Silvia sullo svolgimento dell'attività. Facciamo notare che osservazioni così analitiche sull'attività che si è svolta in classe sono particolarmente utili all'insegnante per valutare, nel tempo, l'efficacia del suo operato. Possedere un elevato numero di osservazioni di questo tipo consente di avere informazioni sui processi attivati dagli studenti e sull'evoluzione del loro percorso molto più significative di quelle consentite da una prova tradizionale. In questo senso le prove tradizionali perdono significato, in una didattica di questo tipo: infatti sono molto meno significative delle osservazioni analitiche che, in quest'esperienza, sono state accompagnate anche da videoregistrazioni. La videoregistrazione è poi stata fatta rivedere agli studenti, circa quindici giorni dopo, per analizzare il comportamento poco redditizio in una discussione di alcuni studenti che sono intervenuti parecchie volte, ma senza prestare attenzione agli interventi dei compagni.

L'introduzione all'attività da parte dell'insegnante

Come vi ricorderete, abbiamo già effettuato una prima esperienza con il sensore di moto; tutti tranne Beatrice. Oggi torniamo a lavorare con il sensore di moto. La prima attività che faremo sarà molto simile a quelle già viste. In questo modo cercheremo sia di rinfrescare quell’esperienza, sia di consentire a Beatrice di effettuarla direttamente almeno una volta, visto che la vola precedente era assente.

È necessario svolgere queste attività in modo ordinato, senza alcuna confusione, perché i concetti che dobbiamo affrontare oggi sono particolarmente delicati e richiedono la massima concentrazione. Alla fine di ogni prova ciascuno di voi potrà chiedere eventuali chiarimenti pubblicamente. In alcuni casi darò una risposta immediata, in altri potrei richiedere a tutti di partecipare alla discussione: ricordatevi che sarò io a condurre la discussione e dovrete prestare molta attenzione a non intervenire in modo incontrollato.

Chiederemo poi al prof. di fisica di preparare una prova scritta relativa a concetti della cinematica.

 

Attività 1.

Io disegnerò alla lavagna una traccia distanza – tempo e ciascun coordinatore dovrà muoversi in modo che la calcolatrice riproduca la traccia disegnata sullo schermo. Alla fine di ciascuna prova, i componenti del gruppo del coordinatore che si è mosso, potranno correggere eventuali errori del compagno. La correzione andrà effettuata prima verbalmente e poi riproducendo un grafico più simile a quello disegnato. Tutti gli altri studenti dovranno stare particolarmente attenti a questa attività, cercando di capire in che modo sono legate la velocità del corpo che si sta muovendo e la sua accelerazione alle caratteristiche del grafico. Infatti l’attività di oggi è finalizzata proprio a scoprire, alla fine, come accelerazione e velocità sono legate alle caratteristiche del grafico distanza – tempo.  I coordinatori dei gruppi oggi sono: Mattia, Gian Luca, Cristina, Lucrezia, Beatrice.

 

Attività 2.

I quattro studenti (di gruppi diversi) che hanno effettuato le migliori prestazioni nella precedente attività dovranno muoversi rispetto al sensore, senza guardare il grafico proiettato sul muro e dire che tipo di grafico si produce in conseguenza del loro movimento. I due compagni di gruppo dovranno, alla fine della prova, individuare eventuali errori e dare indicazioni di come si sarebbero potuti evitare (ossia devono dire come avrebbe dovuto muoversi il loro compagno).

 

Attività 3.

La calcolatrice consente di disegnare anche i grafici della velocità e dell’accelerazione (anche se meno precisi di quello della distanza). Uno studente per ciascun gruppo si muoverà rispetto al sensore e ogni volta confronteremo il grafico distanza – tempo con quello velocità – tempo. Ciascun gruppo dovrà cercare di rispondere alla domanda “che relazione c’è tra i due grafici?” Avendo il grafico della “distanza – tempo” sono in grado di determinare quello della velocità? E il viceversa?

Ciascun gruppo che ha la necessità di fare altre prove deve spiegare esattamente quale congettura intende verificare

 

Attività 4.

Uno studente di ciascun gruppo si muove rispetto al sensore e, aiutato dai compagni di gruppo dovrà disegnare alla lavagna il grafico della velocità – tempo corrispondente al suo movimento.

 

Attività 5.

Io mi muoverò rispetto al sensore e poi raccoglieremo, con la funzione “trace”, una quarantina di dati (distanza – tempo) che elaboreremo in classe nelle prossime lezioni, cercando di capire in che modo essi possono darmi informazioni sulla velocità del corpo e quale interpretazione geometrica ha la velocità di un corpo.

In generale, cercheremo di capire che relazione esiste tra la variazione di una grandezza e la velocità con cui varia quella grandezza.

Osservazioni di Silvia (in nero vengono riportati dialoghi e fatti così come si sono svolti; in rosso i commenti di Silvia e in viola i successivi commenti dell'insegnante dopo aver rivisto il video a casa)

La lezione odierna è caratterizzata dall’ utilizzo dei sensori di moto come mezzo per giungere a una corretta interpretazione dei legami funzionali, fra grandezze come spazio, tempo, velocità e accelerazione.

Il professore presenta l’ esperienza:

“ Questo è un congegno che consente di rilevare le posizioni di un oggetto che è in movimento, al variare del tempo,” intanto si posiziona davanti al sensore e muove la mano avanti e indietro perpendicolarmente allo strumento, “ per esempio, in questa posizione lo strumento rileverebbe una distanza rispetto a lui di 1 m a un certo istante di tempo. Se io mi muovo,” e fa un passo avanti, “ ottengo un grafico della mia posizione, o meglio della mia distanza rispetto a questo oggetto,” indica il sensore, “ al variare del tempo. Ci sono relazioni difficili che legano spazio, velocità, tempo e accelerazione e noi dobbiamo cercare di approfondirle.”

Il modo di esprimersi del professore, con un ampio utilizzo della gestualità, è un preambolo importante all’ uso marcato che di questo parametro sarà fatto nell’ arco dell’ esperienza. Il linguaggio dei gesti è ancora indispensabile alla comunicazione per sopperire alle molte lacune del linguaggio, ed in particolare alla sua funzione di chiarimento.

ATTIVITA’ 1

PROF: “ Io disegnerò alla lavagna un grafico del tipo distanza-tempo,” traccia gli assi cartesiani, “ogni coordinatore dovrà muoversi in modo che la calcolatrice riproduca la curva disegnata sulla lavagna. Gli altri componenti del gruppo potranno correggere eventuali errori del coordinatore. Lo scopo dell’ esperienza è di fare delle congetture per capire come sono legate la velocità, e magari l’ accelerazione, che è una variazione di velocità, alla forma del grafico distanza-tempo.”

Espressione della funzione contrattuale del linguaggio.

Il primo studente ad essere interpellato è Mattia, a cui si chiede di riprodurre il seguente grafico (distanza – tempo)

                                   d

 

 

 

 
                                                                                      t

 Mattia parte da metà aula, va indietro piano, avanti velocemente, torna indietro e si ferma più e meno nel punto da cui era partito inizialmente. Terminata l’ esperienza, non sembra però molto soddisfatto del risultato ottenuto.

Il professore chiede ai compagni di gruppo di intervenire.

Irene: “ Forse doveva andare più veloce subito.”

Erik: “ Cioè prima piano, poi veloce,” e alza la mano come per buttarsi rapidamente qualcosa alle spalle, “ poi veloce giù,” abbassa la mano, “poi rallentare” e descrive con la mano una curva concava discendente, “poi veloce di nuovo.”

Manifestazione della funzione programmatrice del linguaggio verbale, coadiuvata dall’ utilizzo delle funzioni contrattuale e di chiarimento del linguaggio gestuale.

PROF: “ Erik, tu pensi di poter far meglio? Perché no?”

Irene: “ Perché è fatto abbastanza bene!”

PROF: “ Quindi quelli che ha dato Erik sono solo suggerimenti teorici.”

Irene: “ Sì, è solo questione di velocità.”

Irene trova un primo ponte di collegamento fra grafico distanza-tempo e velocità, che potrebbe produrre un avanzamento in zona di sviluppo prossimale in lei e nei compagni, ma che non viene percepito.

Va alla lavagna Gianluca, a cui viene proposto il seguente grafico.

 

 

 

 

 

 

 

Il ragazzo parte dal fondo della classe, si muove in avanti velocemente e torna indietro sempre velocemente, poi si ferma.

Alessio: “ Ti sei avvicinato troppo e dovevi stare più fermo all’ inizio, invece il tuo grafico fa subito così,” e muove rapidamente la mano diagonalmente verso il basso.

Le funzioni contrattuale e di chiarimento sono chiaramente coadiuvate dall’ utilizzo dei gesti.

Stefano pensa di poter ottenere un risultato migliore partendo più velocemente. Tenta, ma il prodotto non è  soddisfacente, tutta la classe ne conviene.

La calcolatrice e il sensore sono sfruttati come strumenti di validazione.

Alessio ribadisce, quindi, la sua ipotesi.

Michele: “ Sì, perché quella curva vuol dire che prima parte piano e poi accelera.”

PROF: “ Alessio come fai a capire che parte piano?”

Alessio: “ Basta vedere che non fa così,” e ripete il movimento di prima con la mano, “ ma fa così,” e descrive la curva della lavagna.

Grazie all’ azione in zona di sviluppo prossimale del professore, Alessio riesce a chiarire la sua deduzione, frutto di una dinamica interno/esterno nata dal confronto fra i due segni grafici prodotti.

Stefano: “ Però all’inizio non si sa quanto deve rimanere fermo.”

Il concetto di grafico è strettamente connesso a quello di assi cartesiani e di unità di misura. In questo caso, tali campi concettuali adiacenti non sono comunque cruciali, è quindi necessario l’ intervento del professore per focalizzare e consolidare il fulcro del discorso.

PROF: “ Sì, è vero, perché non abbiamo dato una scala per l’ asse dei tempi, ma sappiamo che l’ esperienza dura circa 13 secondi, allora possiamo pensare l’ asse dei tempi diviso in 13 parti uguali. Comunque ci siamo resi conto che questa,” e indica la prima porzione del grafico, “ come la chiamiamo?”

Suggeriscono curvatura, pendenza, cunetta.

Siamo di fronte ad un avanzamento in zona di sviluppo prossimale, come manifesta la poca padronanza della terminologia: non è noto un nome specifico per indicare il nuovo oggetto scoperto.

PROF: “ Che questa curvatura, pendenza, cunetta è lieve inizialmente, quasi nulla, e questo è associato alla velocità iniziale.”

E’ il turno di Cristina che deve riprodurre la curva…

Parte da metà aula, indietreggia velocemente, si ferma, avanza rapidamente e si riferma.

Francesco: “ Secondo me all’ inizio doveva partire un po’ prima e fare in modo che quel tratto fosse un po’ più corto,” per indicare il trattino utilizza pollice e indice, che vengono disposti a formare una c.

Michele: “ Io sarei partito un po’ più indietro.”

La manifestazione di una dinamica interno/esterno a partire dal grafico prodotto da Cristina, porta Michele ad una congettura. Tutto ciò consente al professore un’ azione in zona di sviluppo prossimale: le ipotesi prodotte vanno validate e la calcolatrice ed il sensore possono essere utilizzati a tale scopo.

PROF: “ Quindi è la posizione di partenza che non funziona, ma la macchina mostra che la posizione di Cristina dista da quella di partenza solo di pochi cm.”

Paola: “ No, secondo me doveva andare più velocemente quando è tornata avanti, quando è tornata verso il sensore.”

Secondo Alessio questo problema è legato ancora alla posizione di partenza. Gianluca non è d’ accordo, Alessio si corregge: non è la posizione di partenza il nodo fondamentale, ma il tempo e prova a riprodurre la traccia, per avvalorare la sua ipotesi e spiegare quello che non riesce a dire a parole. Non ottiene però un risultato significativo.

Il movimento, gli strumenti e il grafico come mezzo di comunicazione.

Francesco sostiene che forse l’ unico modo per migliorare il grafico di Cristina è di rallentare sempre di più mentre si torna indietro.

PROF: “ Il problema è solo di asimmetria: a sinistra sale troppo velocemente e a destra scende troppo lentamente.”

Intervento di chiarimento e riferimento al campo concettuale simmetria.

Va alla lavagna Carlotta, che deve riprodurre questo grafico:

 

 

 

 

 

 

 

 Si muove avanti e indietro rispetto al suo punto di partenza iniziale diverse volte.

Simone: “ E’ andata troppo lenta, perché non è riuscita a completare la serie.”

PROF: “ Che cosa doveva accelerare?” E muove la mano avanti e indietro parallelamente al pavimento.

Azione in zona di sviluppo prossimale, esercitata anche sfruttando il linguaggio gestuale, che può servire come trampolino, e così avviene, per l’ attuazione di una dinamica interno/esterno.

Gianluca: “ Il movimento.”

Irene: “ Doveva oscillare.”

PROF: “ Quindi aumentare la velocità di oscillazione.”

Irene: “ No, solo nella salita e nella discesa.”

Michele: “ Doveva stare più ferma nel cambio di direzione.”

PROF: “ Simone potresti provare a migliorare il grafico.”

Erik: “ La prima ha fatto bene, perché si è fermata, poi ha fatto…” e vibra velocemente la mano su e giù. Si parla di velocità della serie, velocità di oscillazione, velocità di andare avanti e indietro

PROF: “ Avete mai sentito parlare di frequenza?”

Chiarimento in merito alla terminologia.

ATTIVITA’ 2

Il professore passa, quindi, a illustrare la seconda attività, che consiste nel produrre un grafico dando le spalle al sensore, descrivendo verbalmente l’ andamento che si pensa avrà la curva così ottenuta: “ Va in salita, fa una curva, la pendenza aumenta.”

Inizia l’ esperienza Gianluca.

PROF: “ Pensa al movimento che vuoi fare e ricorda che adesso,” intanto si allontana di schiena dal sensore, Gianluca: “ E’ al contrario.”

Ancora il movimento come linguaggio per comunicare.

PROF: “ Ci devono essere almeno tre variazioni di andamento.”

Gianluca: “ Una linea orizzontale, sale piano, scende velocemente, una linea orizzontale, sale, fermo.”

Espressione della funzione logica.

PROF: “ Non è descritto male.”

E’ il turno di Erik: “ Sale piano, veloce, fermo, scende piano, veloce, sale piano, fermo.”

Va alla lavagna Carlotta: “Si abbassa piano, va veloce,” intanto si muove in avanti, “ferma, si abbassa piano, ferma, si alza piano, si ferma.”

E’ la volta di Beatrice: “ Si abbassa piano, si alza piano, sta fermo si abbassa veloce, si alza piano, sta fermo.”

PROF: “ Sta fermo cosa vuol dire?”                                                                                                          

Beatrice: “ Che c’è una linea orizzontale.”

PROF: “ Cioè la pendenza è ?”

Gianluca: “ Zero.”

Azione in zona di sviluppo prossimale.

Viene interpellato Francesco: “ Mi alzo piano, mi fermo, torno indietro veloce, vado su veloce, mi fermo.”

Il professore fa notare l’ uso nel suo linguaggio di verbi riflessivi: la descrizione doveva essere della curva, non del movimento fatto. Francesco si corregge.

ATTIVITA’ 3

PROF: “ Ci siamo resi conto che nel muoversi nel tempo, può variare la velocità e, conseguentemente, anche l’accelerazione, che è una variazione di velocità. Se c’ è un tratto di retta la velocità cosa fa?”

In coro: “ E’ costante.”

Espressione delle funzioni contrattuale e di chiarimento: vengono riassunti e puntualizzati gli elementi peculiari delle scoperte fatte.

Michele: “ Ma non si riesce mai a disegnare delle rette, perché partiamo sempre da fermi.”

Stefano: “ Potrei partire prima!”

Manifestazione di una dinamica interno/esterno: Stefano riesce a produrre una congettura a partire da un ragionamento di Michele. Tutto ciò consente al professore un intervento in zona di sviluppo prossimale.

PROF: “ Stefano suggerisce una partenza lanciata, cioè partire prima che il sensore si azioni. E cosa succede quando mi fermo?”

Michele: “ Decelera e la …” descrive una conca capovolta con la mano.

PROF: “ Le calcolatrici consentono di misurare anche i grafici della velocità e dell’ accelerazione. Ora produrremo dei grafici distanza-tempo e li confronteremo con il grafico, che fornisce la calcolatrice, della velocità. Dobbiamo cercare di capire che relazione c’ è fra le due curve.”

Stefano ritiene che la relazione sia connessa alla definizione di velocità come rapporto fra spazio e tempo, per Gianluca, invece, è da ricercarsi nello studio della pendenza delle curve.

La parola velocità produce degli effetti diversi nei ragazzi: per Stefano è legata alla rappresentazione spazio fratto tempo, per Gianluca, che progredisce in zona di sviluppo prossimale, al concetto di pendenza.

PROF: “ Perché?”

Gianluca: “ Perché quando le curve sono molto ripide,” scende perpendicolarmente al pavimento con la mano, “ si va veloce, se, invece, salgono poco, vuol dire che siamo andati piano, lo abbiamo visto prima.”

Simone pone un’obiezione al ragionamento di Stefano: “La velocità calcolata con la formula è la velocità per un dato tempo, ma non è costante.”

Michele: “ Comunque la velocità parte da zero!”

Erik: “ No, parte dall’ asse delle velocità, se parte già veloce.”

Anche se non è stato riportato, qui si apre una lunga discussione tra Michele ed Erik. Michele vuole sostenere che la velocità “parte sempre da 0” e prende la parola più volte, interrompendo spesso il discorso e non prestando attenzione agli interventi degli altri. Il fatto di non prestare attenzione agli interventi dei compagni è un po’ una caratteristica che emerge soprattutto in due (lunghi) momenti del filmato, diciamo dalle ore 10.18 alle ore 11.03, con Michele protagonista negativo. In due occasioni Michele sostiene alcune idee che sono in aperta contraddizione con quel che si vede sul grafico o con quello che effettivamente è accaduto in classe. Anche quando la contraddizione viene esplicitata dall’insegnante, Michele continua a difendere la sua idea, cercando di cambiare continuamente le premesse del proprio ragionamento.

PROF: “ Vedremo.”

Il “vedremo” dell’insegnante ha lo scopo di incitare i ragazzi a fare esperimenti che possano confermare o confutare le ipotesi e le congetture proprie e dei compagni. L’ideale sarebbe che una volta stabilite due ipotesi contrastanti (come quelle di Erik  e Michele) si passasse alla verifica sperimentale. Invece gli studenti tendono a discutere sulle ipotesi fatte, modificandole, introducendo altre complicazioni, altre idee per convincere gli altri, ma senza riuscire ad essere ascoltati e senza riuscire ad ascoltare i compagni. Si genera così un classico dialogo tra sordi che solo l’azione continua dell’insegnante riesce a non fare degenerare. Potrebbe essere interessante far rivedere agli studenti gli ultimi trenta minuti di discussione (dalle 10.18 alle 11) e commentarli insieme.

Francesco: “ Si vede anche dal numero di oscillazioni se sono maggiori…” (l’ ultimo grafico descritto presenta alcune oscillazioni.)

PROF: “ Proviamo a vedere cosa succede, andiamo a controllare.”

Invito a verificare sperimentalmente le proprie congetture.

Viene ripresa l’ idea della partenza lanciata, anche se Irene, che parlando distende le braccia, sostiene che non è applicabile per via delle dimensioni della stanza.

Quando l’insegnante propone l’idea di guardare il grafico (s,t) per ottenere informazioni sul grafico (v,t) Michele ritiene il problema inutile o banale, “basta applicare le formule” (ridendo). L’insegnante deve riprendere più volte il filo del discorso per far capire che non è detto che le formule (almeno quelle che gli studenti conoscono) siano di immediata utilità per ricavare informazioni sul grafico (v,t) a partire dal grafico (s,t).

Michele continua a considerare il problema proposto banale, come suggerisce l’ espressione del suo viso, per via delle relazioni formali esistenti fra le grandezze in gioco. Il professore chiarisce, quindi, additando quello disegnato alla lavagna, che il centro del discorso non è la relazione fra grandezze, ma fra grafici. Michele in risposta produce una smorfia di disappunto, non vede la differenza fra le due diverse consegne.

Michele non riesce a cogliere la situazione problematica, neanche dopo il suggerimento del professore, forse perché il concetto di grafico cartesiano, per lui, non rientra nell’ insieme delle rappresentazioni possibili per il campo concettuale velocità.

PROF: “ Se avete delle congetture, muovetevi in modo tale da verificarle o confutarle.”

Altro invito a passare alla sperimentazione per mettere ordine nella discussione.

Michele: “ Se si parte la fermi, si accelera e ci si blocca, cosa succede? Il grafico è una verticale,” e muove un dito su e giù perpendicolarmente al pavimento.

PROF: “ Voi cosa ne pensate?”

Secondo Irene: “ Va giù, perché ti fermi!”E scende con la mano.

Simone chiede un chiarimento sulla disposizione delle grandezze in gioco sugli assi cartesiani: “ Il tempo va messo per così?”Muove un braccio orizzontalmente da sinistra verso destra.

Continua a sussistere il problema di dove parte il grafico se l’ oggetto è inizialmente fermo.

Irene va alla lavagna. Si muove un po’ avanti un po’ in dietro, poi si ferma in punto a una certa distanza dal sensore, torna indietro e riavanza, fermandosi all’ incirca in quello stesso punto.

La calcolatrice produce il grafico distanza-tempo.

PROF: “ Mentre viene elaborato il secondo grafico cercate di immaginare come verrà fuori.”

Esplorazione della zona di sviluppo prossimale.

Erik prende subito la penna, sembra abbia capito e cerchi di non perdere l’ intuizione. Disegna questi due grafici:

Erik e Mattia sono d’ accordo sul risultato ottenuto, invece Irene è contraria: “Fa così lo vedi là, inizia così e c’ è la velocità, poi…”

Erik: “ Si ferma,” e muove la mano verso l’ asse dei tempi disegnato da Irene.

Irene: “ E va giù.”

Mattia: “ E cosa ha fatto lui?”

Erik: “ Ogni gobba della velocità,” indica il grafico in basso, “ è mezza lì,” addita quello in alto. Crea, quindi, una corrispondenza fra i cambiamenti di concavità dei due grafici.(Quello della velocità è stato disegnato da destra verso sinistra al contrario di quanto si fa abitualmente.)

Espressione delle funzioni contrattuale e di chiarimento dei linguaggi verbale e gestuale.

Quando la calcolatrice produce il grafico, le facce di Irene, Erik e Mattia risultano chiaramente stupiti. Parte della perplessità è dovuta al fatto che il grafico presenta dei tratti in cui il valore della velocità è negativo.

PROF: “ Questo significa che stiamo considerando una velocità negativa.”

Michele: “ Ho la velocità minore quando è fermo, ma può esserci una velocità più piccola di quella?”

PROF: “ Lo spazio è misurato qua,” addita il grafico distanza-tempo, “ può mai essere negativo?”

Intervento in zona di sviluppo prossimale, che stimola l’ evolversi del ragionamento in Paola e in Cristina. Quest’ ultima giunge a formulare un’ ipotesi ben precisa a partire dai ragionamenti dei compagni e dall’ analisi dei due grafici: dinamica interno/esterno.

In coro: “ No!”

Paola: “ Solo se vado dietro il sensore.”

PROF: “ Cerchiamo di dare un significato allo spazio negativo e alla velocità negativa.”

Simone: “ La velocità è negativa quando sta fermo.”

PROF: “ Allora qui c’ è una contraddizione: se è fermo la velocità è zero.”

Irene: “ Quando la velocità è costante e si ha una decelerazione.”

Secondo Erik è impossibile che la velocità scenda sotto l’asse dei tempi.

PROF: “ Però succede, perché?”

La calcolatrice come mezzo di rappresentazione della realtà.

Cristina: “ La velocità scende quando mi avvicino al sensore.”

PROF: “ Questa è un’ ipotesi ed è facile da verificare.”

Nuovo intervento volto a suggerire la verifica sperimentale. Gli studenti però preferiscono continuare a discutere e avanzano altre idee senza considerare a fondo quella di Cristina. Soprattutto Michele inizia a produrre una serie di ipotesi in modo molto confuso e a sostenerle veementemente, anche se con poca forza dialettica  e logica. La buona idea di Cristina si perde e riemerge solo alla fine della mattinata, quando l’insegnante obbliga quasi gli studenti a sottoporre all’esperimento le molte idee che hanno messo in gioco, spesso in modo confuso. Non è chiaro agli studenti che la confusione delle idee tende ad aumentare fino a livelli critici quando non si hanno strumenti (o non li si vogliono usare) per sondare le idee che via via vengono espresse.  È buona norma valutare le idee che vengono proposte prima di proporne altre: l’unica eccezione si può fare quando si hanno due o tre posizioni ben differenziate. La loro discussione parallela può portare grandi contributi alla comprensione dei concetti interessati. Ma se l’attività si limita a proporre nuove idee senza validare quelle già proposte, si fa poca strada.

Gianluca: “ No, è quando ci si avvicina al sensore rispetto alla posizione di partenza.”

PROF: “ Cioè rispetto alla velocità cambia se parto di qui e mi avvicino,” inizia a muoversi dal punto più distante dallo strumento, “ o se parto di qui e mi avvicino?” E avanza da metà aula.

Michele: “ No, dipende dal punto di origine, se da qui vado avanti,” indica lo spigolo della lavagna, “è negativa, se torno indietro mi allontano ed è positiva.”

PROF: “ Anche questa ipotesi è verificabile.”

Nuovo intervento che suggerisce di verificare sperimentalmente.

Si cerca, quindi, un confronto diretto fra i due grafici  e il professore ribadisce che l’ asse dei tempi è il medesimo.

Azione di chiarimento.

Simone suppone che la presenza di velocità negative sia dovuta ad un errore di valutazione della macchina a causa di un avvicinamento eccessivo all’ oggetto (i ragazzi sono a conoscenza dei limiti di azione dello strumento), ma il professore smentisce quest’ ipotesi, utilizzando il grafico.

Il grafico come strumento di validazione.

Paola: “ Perché non ci sono linee orizzontali nella velocità?”

PROF: “ Come si fanno le linee orizzontali nella velocità?”

Azione in zona di sviluppo prossimale.

Paola:  “ Quando la velocità è costante.”

PROF: “ Non è però facile ottenerla.”

Paola: “ Ci sono però tipo delle rette,” addita il grafico spazio-tempo.

PROF: “ Possono essere approssimate a rette, ma non lo sono.”

Secondo Michele, un’ altra ipotesi è che la macchina, nel tracciare il grafico della velocità, faccia un continuo confronto con la velocità iniziale. La sua idea viene bocciata, perché la velocità iniziale è chiaramente zero.

PROF: “ Proviamo a fare delle prove per capire.”

La calcolatrice come strumento per giungere a delle nuove congetture.

Va alla lavagna Michele: parte da in fondo alla classe e avanza lentamente, torna indietro rapidamente, si ferma e ripete nuovamente la stessa sequenza di azioni.

Viene lasciato del tempo per consentire ai diversi gruppi di disegnare il grafico relativo alla velocità, corrispondente ai movimenti di Michele.

Irene: “ Non va sotto.” E disegna.

“ Per me fa così.”

Erik invece disegna un altro grafico.

Mattia: “Non continua a salire se no vuol dire che aumenta.”

Erik: “ Arriva al punto massimo e poi si ferma.”

Il risultato ottenuto con la calcolatrice è completamente diverso da quello che si aspettavano i ragazzi, che appaiono sconfortati.

PROF: “ Regge l’ ipotesi di Cristina? Per il primo tratto mi sembra che funzioni, allora forse è vero che se mi avvicino ho delle  velocità negative e se mi allontano diventano positive, indipendentemente dal punto di partenza.”

La calcolatrice come strumento di validazione di un’ ipotesi.

Irene: “ Ma cosa centra lo spazio con la velocità? L’ avvicinarsi con la velocità? Cos’ è una velocità negativa?”

Lo sconcerto prodotto dalle scoperte ottenute, precipita Irene nella crisi: perde contatto anche con le intuizioni avute ad inizio esperienza.

Alessio tenta una spiegazione dell’ azione del sensore: “ Mentre mi avvicino gli impulsi che manda il sonar mi arrivano tutti contro il corpo e tornano indietro tutti in un colpo, allora è logico che la velocità sia aumentata.”

PROF: “ Non è vero, il sensore traccia il grafico della variazione di velocità.”

Michele: “ Forse la calcolatrice interpreta come velocità negativa semplicemente quella che si avvicina, distingue la velocità del corpo se si avvicina o se si allontana.”

Erik non è d’ accordo.

Francesco: “ Per me il sonar è tarato in modo tale che oltre una certa velocità lui segna negativo comunque.”

La funzione programmatrice consente l’ elaborazione di un’ infinità di ipotesi ed interpretazioni possibili.

Il problema è che a mio avviso qui manca un controllo delle ipotesi effettuate: la generazione di ipotesi “alla Michele” assomiglia più alla generazione casuale di testi che non alla costruzione razionale di ipotesi interpretative. Sembra che i ragazzi (Michele soprattutto) sparino quello che viene loro in mente con la speranza di dire qualcosa che interessi l’insegnante e che tale interesse suggerisca loro qualche idea veramente buona.

PROF: “ Perché?”

Francesco: “ Forse la segna negativa quando è più lenta.”

PROF: “ Non sappiamo se quest’ ipotesi è vera, ma si può confutare allontanandosi e vedendo se segna negativo o no.”

Altro invito all’esperimento.

Irene: “ Forse la velocità è in un certo senso anche la posizione.”

PROF: “ L’ avvicinarsi e l’ allontanarsi.”

Azione di chiarimento.

PROF: “ Per darvi una mano a capire vi chiedo una cosa: come la definite la velocità?”

In coro: “ Spazio fratto tempo.”

PROF: “ Ma spazio cosa vuol dire: lo spazio percorso o la posizione?”

Intervento in zona di sviluppo prossimale.

Qualcuno: “ Lo spazio percorso.”

Il professore conferma: “ In genere si usa questa scrittura ds/dt. Per sapere quanto spazio ho percorso, valuto la differenza di posizione rispetto al sistema di riferimento. Sono qui a 2 metri, mi avvicino e sono a 1 metro,” intanto avanza, “allora ho percorso 2-1, 1 metro. Il tempo invece scorre solo in una direzione, l’ istante finale è sempre maggiore di quello iniziale, va verso il più e basta, quindi dt è sempre positivo. Per calcolare lo spazio percorso in genere si fa lo spazio iniziale meno quello finale. Immaginate di partire con me,” e va indietro, “ la posizione finale è maggiore o minore di quella iniziale? Maggiore, allora se faccio se faccio posizione finale meno posizione iniziale ottengo un numero…”

In coro: “ Positivo.”

PROF: “ Se parto di qui,” è in fondo alla classe, “ e mi muovo,” va avanti, “la posizione finale è circa un metro, posizione finale meno posizione iniziale è un numero negativo. Allora ds  minore di zero mi dice che mi sto avvicinando al sistema di riferimento, quindi sulla velocità è importante sapere il verso in cui mi muovo. E’ l’ ipotesi di Cristina quella che funziona.”

Intervento di chiarimento nel quale si fa cenno agli schemi legati ai campi concettuali assi cartesiani e sistema di riferimento.

Ma quando la velocità cresce e quando decresce? Mentre vado indietro, mi muovo nel senso crescente del tempo e dello spazio,” e intanto numera 1, 2, 3… “ se invece parto di qui, e vado avanti faccio 4, 3, 2, 1.”

Dal video si vede chiaramente che molti studenti alla fine capiscono come si può interpretare una velocità negativa. L’idea di Cristina era buona, ma sembra che nessuno la riconosca come idea di Cristina. Una buona idea si è persa per strada, per l’abitudine a non sapere ascoltare e a non discutere le idee proposte.

   

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